
Ad un certo punto della loro vita i giovani lupi entrano in una fase che li porterà a condurre la loro vita al di fuori del branco di origine. Questo avviene in genere intorno ai due anni di età, e segue un periodo in cui il giovane lupo, dopo essere stato nutrito e svezzato, partecipa alla vita del branco, impara con il branco le tecniche di caccia e lo aiuta nell’allevamento della nuova cucciolata.
Cercare un nuovo territorio dove stabilirsi con un compagno e creare il proprio branco è il motivo della loro nuova irrequietezza. Questa fase, presente in quasi tutte le specie animali, si chiama “dispersal” in inglese e coincide con il movimento che l’individuo compie dal luogo di origine al luogo dove si stabilirà per intraprendere la sua vita da adulto.
E’ un periodo molto delicato per la vita dei lupi, che durante i loro lunghi cammini si trovano da soli ad affrontare una serie di rischi: spesso sono vittime delle trappole dell'uomo, di incidenti stradali o di attacchi da parte di altri lupi territoriali. Cacciare da soli grandi ungulati non è possibile e i lupi si devono accontentare di prede più piccole, carcasse o rifiuti.
Il viaggio dei lupi durante il “dispersal” può durare mesi ed essere lungo centinaia di chilometri (Ciucci P. et al. “Long-Distance Dispersal of a Rescued Wolf from the Northern Apennines to the Western Alps”, Journal of Wildlife Management 73(8): 1300-1306), ed è un meccanismo fondamentale per la distribuzione degli individui sul territorio ai fini della regolazione della popolazione e soprattutto per la colonizzazione di nuove aree.
Quando il viaggio va a buon fine il lupo occupa un nuovo territorio da difendere e in cui stabilirsi, vivendo delle sue risorse e creando l’opportunità dell’incontro con un partner e di dare vita ad un'altra generazione.
I movimenti di “dispersal” dei giovani lupi hanno giocato un ruolo fondamentale nell’attuale espansione della popolazione di lupo italiana, da quando si contavano pochi esemplari di lupo in nuclei frammentati nell’Italia centrale e meridionale fino ad oggi, quando la specie ha riconquistato gran parte del suo areale, e lupi italiani hanno ricolonizzato la Francia arrivando persino nella penisola iberica.
Negli anni ’70 del secolo scorso la zona più settentrionale in Italia dove si avevano segnalazioni di presenza del lupo erano i Monti Sibillini, tra Umbria e Marche. Negli anni seguenti la specie intraprese un lungo viaggio verso Nord; dapprima furono singoli “esploratori”, poi alcuni di questi si incontrarono formando dei branchi e occupando stabilmente i territori che allora trovavano liberi da conspecifici.
Attraverso l’Appennino Tosco-Emiliano e le Alpi Liguri, esemplari in dispersione arrivarono all’inizio degli anni ’90 fino in Francia, dove la specie era stata eliminata all'inizio del ventesimo secolo, provocando un certo scalpore.
La loro comparsa, accompagnata dai crescenti danni alla zootecnia, settore economicamente molto importante oltralpe, venne inizialmente ritenuta frutto di rilasci illegali da parte di tecnici ed ambientalisti italiani; fu addirittura aperta un’inchiesta, poiché si riteneva impossibile che la specie da sola avesse potuto attraversare la catena alpina, ma sia i dati genetici che le vicende di alcuni individui a cui era stato applicato un trasmettitore hanno dimostrato che solo le grandi qualità di camminatore di questo animale lo hanno portato a ricolonizzare luoghi così lontani dalle "isole" appenniniche di origine.
Un'ulteriore prova, venuta da oltre confine, molto nota e recente (2012), è la storia, documentata (nell'immagine a destra il percorso del lupo) dai ricercatori dell’Università di Ljubljana nell'ambio del Life SloWolf, della creazione di un primo branco sui Monti Lessini, costituito da un lupo della popolazione dinarica (chiamato Slavc) ed una lupa della popolazione alpina (chiamata Giulietta).

