Una cinque giorni sulla Via dei Lupi

Il lupo si racconta, diventando podcaster!
25 Febbraio 2025
Salve a tutti, mi chiamo Marco, ho 61 anni, e voglio condividere la mia bella esperienza sulla via dei Lupi.
Sono di Roma, ogni week end collaboro nel Parco Nazionale Abruzzo Lazio e Molise come volontario in attività di accoglienza turistica, avendo un punto di appoggio presso Opi vicino a Pescasseroli. Vicino a quelle zone passano numerosi cammini, e io volevo identificarne uno che mi permettesse di migliorare le mie capacità sui cammini di più giorni dove sono meno esperto. Sapevo fin dall’inizio che volevo pianificare cinque giorni, nei quali percorrere almeno 100 km, senza timore dei dislivelli giornalieri, sui quali sono invece molto esperto. Cerca che ti ricerca ho notato che la Via dei Lupi, sulla carta, faceva al caso mio; per mesi ho studiato le tappe, e le descrizioni; ho chiesto ai referenti del sito, e mi hanno messo in guardia, sulle tappe fisicamente impegnative e sulla necessità di utilizzare un navigatore GPS. Finalmente le feste Pasquali 2025 e le previsioni meteo si son fatte chiare e l’incastro da perseguire era questo:

1° giorno - Sabato Santo - tappa 4 e 5 (Riofreddo / Cervara / Livata), con pernotto in tenda
2° giorno - Domenica di Pasqua - tappa 6 e 7 (Livata / Jenne / Trevi nel Lazio), con pernotto in tenda
3° giorno - Lunedi dell’Angelo -tappa 8 (Trevi nel Lazio / Morino), con pernotto in B&B
4° giorno - Martedì dopo Pasqua - tappa 9 e 10 (Morino / Civita D’Antino / Villavallelonga), con pernotto in B&B
5° giorno - Mercoledì - tappa 11 e rientro (Villavallelonga / Pescasseroli / Opi)

Le notti in tenda erano dovute a più motivazioni, testare il carico sulla mia povera schiena, cimentarmi in pernotto libero da solo, evitare prenotazioni difficili in due sere di sicuro pienone. Si parte, la sera del Venerdi arrivo all’albergo Villa Celeste a Riofreddo, dove mi hanno preparato dei ravioli e, senza problemi, mi hanno consentito di lasciare l’auto nel loro parcheggio.

Sabato Santo


Partenza alle 7.00 del mattino; zaino di soli 9 Kg totali con tenda, sacco a pelo, fornelletto, cibo per quattro giorni (ma con aggiuntivi 1,5 lt di acqua nella borsa cosciale per non affaticare la colonna), fresco ma col sole che prometteva bene.
Con l’ausilio del nuovo Garmin modello base (usare il telefono come navigatore era imprudente, per motivi di batteria non in grado di assicurare autonomia, tenendo anche conto delle notti in tenda senza corrente). Superare gli attraversamenti di autostrada, ferrovia e Tiburtina è stato facile e il sentiero si è rivelato facile e molto bello. Mi ero stampato anche mappe con le descrizioni del percorso, per verificare, passo passo, di incontrare i punti di interesse/riferimento previsti (per un camminatore solitario, avere la tranquillità di non essersi perso è importante). Mi ero ripromesso di camminare senza ansia, senza cercare (come invece facevo da giovane) di battere i tempi di percorrenza dichiarati, in quanto a fine Aprile, ormai si dispone di oltre 12 ore di luce, e i margini ci stavano. Nelle vicinanze di Cervara, come previsto, all’altezza dell’area faunistica del Cervo (non ho visto alcun animale) predispongo uno sputino e carico la traccia della tappa successiva. Ecco presentarsi l’imprevisto, il navigatore si inceppa e non si resetta nemmeno togliendo le pile. Chiamo mio figlio esperto, che si occupasse di studiare l’anomalia e come risolverla, e mi metto in cammino affidandomi alla mia esperienza, per raggiungere Livata.

Un solo errore, mi accorgo di aver preso una scorciatoia più corta e più ripida, ma arrivo a Livata alle 18.00 e con piacere trovo il campeggio “Louisiana” aperto e con la disponibilità di una piazzola. Ottimo per avere elettricità e conversare al telefono sul reset del navigatore. La cena, a mezzo di bustina liofilizzata per minimizzare i tempi e la necessità di acqua; devo confermare che se avessi fatto campeggio libero, questa soluzione scelta avrebbe ridotto i disagi al massimo.

Domenica di Pasqua


Sveglia alle 6.00 con uccellini e prima luce, partenza alle 7.00 alla volta di Jenne. La tappa non presenta particolari difficoltà e per le 11 del mattino ero a Jenne col suono delle campane per la Pasqua. Come per le altre due tappe, non ci sono stati problemi di necessità di acqua. Mi sono intrattenuto un’oretta ad ammirare il piccolo borgo con la chiesetta in alto immersa nel verde giardino.
Ripreso il cammino, le premesse erano buone, la descrizione dava 13,6km, 900 mt di dislivello e poco più di 5 h. Uscito da Jenne ho dovuto combattere col sentiero pieno di rovi tra fili spinati dei campi, suggerisco, a chi è in gruppo, di portarsi delle cesoie, almeno per salvare l’abbigliamento, se non le escoriazioni. Si sale, e si attraversa una zona non molto bella, isolata, dove ho incontrato dei cinghiali; si ridiscende, si può fare rifornimento di acqua, si attraversa il fiume e si ricomincia a salire. La seconda parte del percorso migliora ma i tempi son lunghi, forse anche per la stanchezza, e Trevi nel Lazio sembra non arrivare mai, anche quando vedo delle stalle, parlo con qualcuno, ancora manca. Finalmente dall’alto appare Trevi nel Lazio in tutta la sua maestosità, altro che Jenne, a causa dell’ora tarda e del suo sviluppo in altezza, non ho proprio il tempo e la voglia di girarmela; oltre che ampia, è anche arroccata molto in alto. Giusto il tempo per una rapida cena liofilizzata nei giardinetti e la ricerca di un luogo per dormire. Non salendo in centro, concatenare la traccia del pomeriggio con quella della mattina seguente è difficile; chiedo ai locali dove si trova il ponte romano, ma la informazione più preziosa è l’esistenza nei pressi di un ostello, sono ormai le 20.00 e devo decidermi, o provo all’ostello o mi tocca montare la tenda sul ciglio della strada (in piano inclinato !!!). Raggiungo l’Ostello Colle Mordani che dalle indicazioni di google map non è fuori mano per la mattina seguente; il gestore, impegnato col ristorante mi dice che è tutto pieno, non ha posti letto, ma posso sistemarmi con la tenda nel parcheggo. Non me lo son fatto dire due volte, e mi addormento pensando come riacciuffare la traccia la mattina dopo.

Lunedì dell'Angelo


Siccome sono un imbranato coi tool informatici, (inceppo qualsiasi dispositivo) mi sono alzato presto, con gli uccellini, prima delle 6, piego la tenda non faccio colazione, intenzionato ad accendere il navigatore e agganciare la vera traccia che scende dal centro storico. Ebbene, non so per quale ragione, il navigatore traccia lunghe righe dritte, io cammino con la descrizione delle vie e me la devo sbrigare con l’intuito, ma insomma dico io: “quest’uomo delle tracce GPS, ha preso il deltaplano per scendere?” Poi tutto si sistema, scorgo un introvabile pertugio tra i rovi, mi ci ficco, ed ecco il sentierino che mi porta al ponte romano, sono lì per le 7.00 come un treno svizzero.
Inizio il lungo traverso nel bosco infreddolito, rimandando il the caldo alla prima occasione, ed in effetti questa si presenta poco prima delle 9.00 con una sommità erbosa fuori dal bosco perfettamente assolata. Un paradiso. In questa fase il sentiero procede su sommità erbose con grandi panorami; in questa stagione, oltre all’abbondanza di acqua, mi ha stupito l’abbondanza di vitellini, veramente tanti. Superati i prati inizia un altro lunghissimo traverso in falsopiano che all’occorrenza permette di rifocillarsi di acqua. Quindi la batosta, …… si deve ricominciare a salire quasi fino a 1900 mt, qualche centinaio di metri su nevai e raggiungo il fontanile e rifugio Pozzotello.
Qui in compagnia di due escursionisti consumo il pranzo, in abbondanza di acqua gelata. Mi mancano solo i 1400 mt da scendere verso Morino, nella riserva Zompo lo Schioppo !!!! Mi aspetta il B&B Villa Benice che dovrebbe trovarsi sulla strada. Con sorpresa la discesa invece che mostrarmi tanta acqua, mi mostra numerosi canions di roccia muschiata, con altissimi faggi schiantati da passarci sopra o sotto a seconda della convenienza. Se non fosse che il territorio è infestato da inghiottitoi carsici, il luogo anche se sinistro era interessante. Traverso il primo abbondante ruscello, mi immetto su una bella carrareccia, ma fulmini e tuoni mi fanno capire che devo indossare la mantella e alla svelta. Sotto la pioggia passo affianco ad una bella costruzione che sembra un edificio monastico, ma non c’è tempo, devo arrivare in fretta al primo riparo possibile. Passato il laghetto diga dell’ENEL trovo facilmente il B&B. Ottima l’accoglienza, possibilità di cucinarsi in struttura, o poca scelta per mangiare fuori.

Martedì dopo Pasqua


Il giorno dopo (il quarto) sempre alle 7.00 preferisco restare sull’asfalto, piuttosto che gironzolare per Morino vecchia e districarmi in sentieri che come al solito il navigatore non mi rivela; traverso la ferrovia e la superstrada e con una bellissima mulattiera, talvolta imbrigliata nei rovi, arrivo alle 9.30 a Civita d’Antino. Giorno feriale, borgo delizioso, ma deserto, pochissimi abitanti per strada; non incontro alcun esercizio commerciale !!! Lavatoio, scalinata, terrazza degli artisti, panorami mozzafiato e poi riprendo il cammino. L’Itinerario è lungo e, sicuramente, l’ausilio del navigatore è fondamentale; il panorama alle proprie spalle, verso la cascata di Zompo lo Schoppo è straordinario. Si alternano sentieri e carrarecce, mai fontanili e molti abbeveratoi di acqua stagnante (da raccolta di acque piovane), quindi la propria scorta di acqua potabile è fondamentale. Lo spuntino lo faccio presso il rifugio Rocca d’Abate, interessante per la vasta superficie di raccolta e conservazione di acqua piovana.
Segue una lunga carrareccia in quota in completa solitudine. Dopo altro abbeveratoio inizio a scendere di quota per raggiungere Collelongo, prima del quale mi aggredisce nuovamente un forte acquazzone. Da Collelongo a Villavallelonga preferisco sbrigarmela sull’asfalto, vista la pioggia e persa inavvertitamente la indicazione del navigatore di abbandonare la strada provinciale. Verso le 18 arrivo al B&B La Gardenia, una gradevole doccia e poi alla ricerca di una cena. Pizzeria chiusa per riposarsi dalle fatiche pasquali, mi salva un Pub nelle vicinanze che mi prepara un panino con l’hamburger, patatine fritte e birra.

Mercoledì dopo dopo Pasqua


La mattina seguente il cielo è coperto e lo rimarrà per tutto il giorno. Procedo sul sentiero più che infangato, ma riesco a non inzaccherarmi tutto. Mi farà compagnia una sequenza di cinque fontanili tutti attivi.
Sulla via incontro un signore che come me, da volontario, si dedica alla salvaguardia del patrimonio culturale del passato (i fontanili), scambio piacevolmente delle reciproche esperienze, e riprendo a salire verso il valico dell’Aceretta. Ormai mi sento a casa, scendo lungo la pista di Pescasseroli, inizia a piovere fortissimo e mi riparo sotto una tettoia. Dopo circa 40 minuti mi rimetto sulla strada e raggiungo facilmente e soddisfatto Opi e il mio punto di arrivo, nel Parco Nazionale D’Abruzzo Lazio e Molise.
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