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BIOLOGIA

Ibridi - dall'estinzione della popolazione all'estinzione genetica

Un fenomeno che sta emergendo negli ultimi anni, con la ripresa demografica e l’espansione dell'areale del lupo è quello dell’ibridazione fra cani e lupi.
I meccanismi per cui questo avviene sono ancora in corso di studio, ma si è notato che tali incroci sono più frequenti in aree di nuova colonizzazione e a bassa densità lupina o ad alta densità di cani vaganti, e sono dovuti soprattutto alla presenza di femmine di lupo in estro in un'area dove non sono presenti corrispettivi ma cani vaganti.
Il patrimonio genetico di cani e lupi è sufficientemente simile per permettere loro di accoppiarsi e di avere prole fertile, ma abbastanza diverso da poter distinguere tra gli uni e gli altri.
Nel DNA degli ibridi si trovano sequenze canine e lupine. Anche se gli ibridi poi si reincrociano con lupi, alcune di queste sequenze tipiche del cane sono trasmesse alle generazioni successive e permangono nel patrimonio genetico della popolazione di lupo in cui si sono verificati questi incroci.
Se questi incroci si verificassero frequentemente a lungo andare ciò porterebbe alla cosiddetta “estinzione genetica” del lupo, cioè l’intera popolazione lupina presente sul territorio non sarebbe più espressione di un patrimonio genetico perfettamente modellato e selezionato dalla natura in migliaia di anni ma qualcosa di diverso.
Gli effetti dell’ibridazione a lungo termine non sono ancora noti ma potrebbero coinvolgere vari aspetti della biologia del lupo oltre che della sua morfologia. D’altra parte, gli esemplari ibridi non si comportano nei confronti dell’uomo in maniera diversa dai lupi, non sono né più aggressivi né più confidenti ma vivono nel branco come i lupi e con la stessa diffidenza nei confronti dell’uomo.
Anche dal punto di vista normativo gli ibridi creano difficoltà perché non c'è una norma chiara che li riguardi e sebbene per la CITES gli ibridi fino alla quarta generazione siano protetti alla stregua del lupo, non ci sono i mezzi tecnici per discriminare la generazione di appartenenza di ogni ibrido tranne con certezza l’F1, cioè l’ibrido di prima generazione.
Ciò comporta difficoltà nell’applicazione delle normative che fra l’altro vietano la detenzione di lupi e suoi ibridi da parte di privati.
Non c’è accordo ancora nemmeno fra gli studiosi di lupi su come gestire gli ibridi, se rimuoverli completamente dal territorio o sterilizzarli e reintrodurli alla vita selvatica, soluzioni proposte in vari progetti LIFE, come il Life MIRCO o il Life IBRIWOLF. Certo è che se non si interverrà prontamente, presto perderemo un’entità genetica unica nel suo genere quale il lupo italico.

 
 

 
 

STORIA

Lupi e cani in Italia

 

In Italia il cane rappresenta l’animale d’affezione più amato. Si calcola nel solo 2019 su 12 milioni di animali d’affezione registrati nell’anagrafe del servizio veterinario nazionale bel 11 milioni fossero cani, 500.000 gatti e 1600 furetti.
E certamente il numero di animali è molto più elevato, considerando che purtroppo moltissimi non sono regolarmente registrati.
Un rapporto del Ministero della Salute del 2012 valutava invece fra i 500 e 700 mila i cani randagi.
Secondo un rapporto della LAV nel 2017 circa 130.000 cani erano ospiti di canili. Di fronte a dei numeri così impressionanti una popolazione italiana di lupi stimata in circa 2000 individui risulta davvero esile.
Fra questi, i cani che possono entrare in contatto con i lupi sono i cani cosiddetti vaganti, e in essi sono compresi almeno tre categorie di cani. I cani randagi senza un padrone, scappati o abbandonati, che vivono ai margini della società umana, i cani padronali lasciati liberi di muoversi sul territorio (come possono esserlo i cani pastore, ma anche cani che il padrone per consuetudine lascia liberi di uscire da casa, ad esempio durante la notte) e infine i cani rinselvatichiti, che hanno perso contatti con l’uomo, ma che probabilmente sono i meno numerosi.
Tutti questi cani vaganti competono con i lupi per lo spazio, per il cibo e anche per la riproduzione.
Essi possono danneggiare il bestiame domestico impunemente mentre i danni sono imputati al lupo, creando malcontento e desiderio di vendetta da parte degli allevatori verso il predatore selvatico. E possono anche trasmettere malattie alle popolazioni selvatiche di canidi. Infine i cani possono accoppiarsi con i lupi dando luogo a generazioni di ibridi.
Questo succede in genere in zone periferiche dell’areale del lupo, ma recentemente alcuni studi mettono in evidenza che anche all’interno di aree protette esiste un’alta percentuale di lupi ibridi.
Sull’Appennino Tosco Emiliano studi effettuati tra il 2015 e il 2016 nell’ambito del progetto M.I.R.C.O. Lupo (il cui chiaro motto è "il lupo non merita una vita da cani e il cane non merita una vita da lupi") hanno stimato che il 20% dei lupi presenti in quel territorio fosse ibrido; altri studi effettuati nel Parco della Majella e nel Parco del Gran Sasso hanno rilevato percentuali paragonabili.
Alcune storie sono molto significative: il maschio del branco di lupi che viveva da alcuni anni sul litorale romano nell’Oasi di Castel di Guido è stato sostituito da un maschio ibrido scuro, detto Nerone (foto di Valerio Vanini), da cui è scaturita una progenie ibrida. In questo casi bisognerebbe intervenire in tempo eventualmente sterilizzando gli esemplari ibridi prima che producano a loro volta progenie ibrida.
In generale il dato è più elevato di quello atteso e il problema preoccupa non poco i ricercatori.
Sulle Alpi, invece, ancora non si registra la presenza di ibridi.
Purtroppo, attualmente non esistono studi recenti sulla dimensione del fenomeno del vagantismo e non ci sono sufficienti azioni da parte delle amministrazioni competenti (Comuni, Regioni, Stato) per contenere il fenomeno e proteggere dall’ibridazione e quindi dall’estinzione genetica il lupo italiano.

 

 
 

CURIOSITA'

Il primo ibrido catturato in Italia

Tra il 1975 e il 1976 i ricercatori impegnati nello studio sul campo del lupo assistettero per la prima volta direttamente al fenomeno dell’ibridazione.
Gli studiosi stavano seguendo sulla Majella una lupa solitaria che avevano radiocollarato, probabilmente una “floater”, ovvero un animale che non era in dispersione ma non apparteneva ad un branco né aveva un territorio definito.
Quando andò in calore si accoppiò con un cane pastore del paese di Santa Eufemia e nacquero sei cuccioli ibridi.

Di questi, quattro erano prevalentemente neri con parti del corpo bianche, mentre due erano simili al lupo ma con il mantello marezzato e con orecchie e coda di proporzioni anomale. In foto uno dei cuccioli.
Il loro comportamento si dimostrò in quel caso analogo a quello del lupo.

 
 

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