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Il lupo è un predatore opportunista e flessibile, che generalmente caccia grandi ungulati ma si nutre anche di carcasse in decomposizione ritrovate casualmente. In contesti particolari può sopravvivere utilizzando gli scarti alimentari dell’uomo rovistando nelle discariche.
Le dimensioni delle prede possono variare da quelle di una lepre a quelle di un bisonte e le specie utilizzate variano a seconda delle aree geografiche.
In Europa preda tipica è il cinghiale, insieme a tutti i cervidi, il camoscio, ed il muflone.
Se non opportunamente protetti anche gli animali domestici possono essere attivamente predati, anche con disponibilità di prede selvatiche, essendone meno dispendiosa la predazione.
La ricerca della preda è attuata attraverso i sensi, soprattutto l’odorato. Una volta individuato l’obiettivo inizia l’avvicinamento, che può concludersi velocemente nel caso di una piccola preda o protrarsi a lungo, nel caso di grosse mandrie, fino ad isolare il capo più vulnerabile. Una volta individuato si ha l’azione finale che si conclude con l’abbattimento.
I lupi possono cacciare da soli o in gruppo, adottando strategie diverse, e con un alto grado di coesione.
La struttura del corpo atta a percorrere lunghe distanze e, soprattutto, la conformazione del cranio, con cresta sagittale ampia dove s’inseriscono i robusti muscoli del collo e la dentatura fra cui spiccano i grossi canini e i denti ferini, ne fanno un predatore efficiente a tutti gli effetti.
“Accendemmo all’improvviso il nostro potente faro montato sul tetto della Land Rover e la scena era …la più banale e prevedibile per un lupo italiano: 9/10 se ne stava in piedi tra i rifiuti, masticando con calma un ciuffo di spaghetti al sugo”.
La lupa chiamata 9/10 era uno dei primi lupi dotati di radiocollare nel primo progetto sul lupo mai effettuato in Italia, finanziato dal WWF e descritto nel libro “Dalla parte del lupo” da Luigi Boitani, che per primo utilizzò le tecniche “moderne” che aveva appreso negli Stati Uniti per studiare i lupi.
Con il Progetto Lupo negli anni 70 emersero i primi dati sulla popolazione italiana, quasi prossima all’estinzione: uno dei dati più interessanti fu che più della metà della dieta degli ultimi lupi era costituita da rifiuti antropici, sia scarti delle cucine che resti di macellazione.
A quel tempo gli ungulati selvatici erano quasi del tutto estinti e i lupi, che riuscivano raramente e solo dopo lunghi appostamenti a catturare animali domestici, si rivolgevano alle discariche. Ogni paese ne aveva più di una a cielo aperto e non recintata e i lupi vi si recavano quotidianamente come dimostrato dai dati di radiotelemetria e dai resti indigesti ritrovati nelle feci durante le analisi per lo studio della dieta:
“..spago, stuzzicadenti, carta oleata, plastica, gomma, cellofan, un calzino, carta stagnola, vetro, nailon e via dicendo.”
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