Il passo và veloce lassù sui Simbruini…
un diario Friul-Piemontese

Una piccola bella riflessione da Pescasseroli
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Al principio di tutte le tappe abruzzesi sono stati installati dei graziosi e studiati pannelli divulgativi
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Prologo

14 e 9 non sono numeri da giocare al Lotto, bensì identificano il numero dei partecipanti al trekking denominato “Via dei Lupi”. 14 sono gli amici friulani e 9 i piemontesi, quindi 23 in totale. 23 che hanno aderito all’annuale appuntamento Friul-Piemonte, che quest’anno, il 2023, ha inizio a Cervara di Roma, tipico paese dell’Appennino, arroccato su balze rocciose e sito nei più reconditi meandri del Lazio. Da Cervara una strada erta ed esposta conduce agli altopiani dove si trovano la Locanda dell’Orso ed un osservatorio astronomico. Da qui partiremo a piedi per inoltrarci tra le cime, gli altopiani e le valli dei Monti Simbruini e Càntari, per raggiungere l’Abruzzo e il Parco Nazionale fino a Pescasseroli.
Quest’anno l’organizzazione è stata di competenza del gruppo friulano, in particolare della triade Helena-Giovanni-Roberto detto Bobby. Organizzazione tutt’altro che semplice viste le caratteristiche del territorio, non solo per la ricerca dell’itinerario ma anche per la logistica assai complessa, tipica di una regione aspra e distante dalle principali linee di comunicazione. A posteriori si può ben dire che la logistica è stata brillantemente risolta con posti tappa eccellenti, con un unico problema: il cibo è ottimo e soprattutto abbondante, tanto da mettere a dura prova i commensali-trekkinisti.

Primo Giorno - L'avvicinamento

Cominciamo dal primo giorno, che non è stato di cammino ma di viaggio, di incontro, ed è terminato, dopo l’abbondante cena e con l’arrivo dell’oscurità, con una lezione di astronomia. La stanchezza ed il sonno si stavano facendo sentire, visto la sveglia antelucana e la lunga giornata di viaggio, ma sono stati vinti con l’osservazione al telescopio di astri, stelle e pianeti. In definitiva ci hanno permesso un tuffo nell’immensità dell’universo e in ragionamenti filosofici, al cospetto dei quali ci siamo sentiti un po’ tutti piccini piccini.

Secondo Giorno, primo di cammino

Dopo il prologo astronomico, il giorno successivo iniziamo il trekking non prima di avere scattato un po’ di foto di gruppo ad inizio tappa. Il sentiero parte subito con una discesa infilandosi tra boschi e amene radure, restando sempre in quota oltre i 1000 metri. Arriviamo alla vasta distesa del Piano di Camposecco che attraversiamo. L’ambiente è bucolico, con mandrie di mucche e cavalli; il nostro camminare ci consente di integrarci in questo luogo del quale percepiamo la vastità ed un senso di serenità. Aggiriamo un primo volubro assai esteso. I volubri sono vasche artificiali nelle quali si convoglia e si conserva l’acqua per il bestiame. Altre volte incontreremo dei fontanili, taluni abbandonati e altri attivi, questi ultimi ci permetteranno di dissetarci e riempire le borracce con acqua fresca. Il passo si fa agevole con lievi saliscendi. Un’ultima discesa ci porta a Livata, centro turistico e sciistico di una certa importanza. E’ domenica, quindi la zona è affollata da famiglie e comitive di vario genere, fuggite dalla calura romana. Noi ci sistemiamo nei bungalow di un campeggio e poi ci tuffiamo nella folla alla conquista di birre e simili.

Terzo Giorno, secondo di cammino

Il giorno successivo è lunedì, ritorna la tranquillità, oltre al nostro gruppo si aggirano sparuti villeggianti. Facciamo colazione sotto il pergolato dell’unico bar aperto. Riprendiamo il cammino fiancheggiando una chiesa in stile moderno. Il sentiero si snoda poi tra ampie radure e boschetti. Arrivati alla Piana dei Fondi, dove si sta ristrutturando un rifugio, veniamo accolti dal suono di una zampogna. Il suonatore si avvicina a noi; dopo un po’ di chiacchiere, a grande richiesta, ci dedica un brano zampognaro. Dopo le gioie dell’attraversamento degli altopiani, eccoci alle prese con una discesa disagevole in una valletta incassata; il sole a picco e l’assenza di venticello accentuano la fatica. Comunque la discesa termina quando raggiungiamo le prime case di Jenne.
Qui si sarebbe conclusa la parte camminatoria, se non fosse che ci restano ancora 3 km per raggiungere l’Ostello il Lescuso, dove pernotteremo. Nel frattempo si dà spazio all’attività culturale quando, accompagnati dalle guide, visitiamo il paese con l’intreccio di stradine e vicoli lindi e ben mantenuti, lungo il quale si dipana un museo diffuso dislocato in varie abitazioni. In esso si racchiude la storia di questo paese. Lo sguardo non va solo al passato tant’è che ci sono segnali di sviluppo da parte soprattutto di giovani, che rilevano e aprono nuove attività: una tendenza che incomincia ad affermarsi in varie realtà montane. Nel tardo pomeriggio arriviamo al confortevole posto tappa del Lescuso.

Quarto Giorno, terzo di cammino

La tappa successiva è caratterizzata da alcuni curiosi episodi. Il primo riguarda un supplemento di percorso: si dovrebbe tornare a Jenne lungo la strada, ma, ingannati da una segnaletica non prevista ed estemporanea, ci accorgiamo di avere seguito un sentiero non troppo agevole, che ha allungato la tappa: tant’è che alcuni decidono di andare direttamente a Trevi, raggiunta con un passaggio in auto. La maggior parte opta per seguire il sentiero previsto dal programma originale. E lì c’è l’incontro con cinque briosi cuccioli maremmani: si accodano al gruppo e lo seguono sino a Trevi, giocando e saltando. Per una fortuita combinazione si è riusciti a contattare il pastore, proprietario dei cani; ci raggiunge a Trevi dove, per ringraziare del recupero, offre birre a tutto il gruppo.
Nel frattempo chi era arrivato in anticipo a Trevi ha avuto il tempo di inerpicarsi per le erte stradine sino al Castello Caetani con la bella torre, dalla cui sommità si ammira un magnifico panorama. Inutile dire che a Trevi ci sono le fontane, che nulla hanno a che vedere con quella famosa a Roma. Per motivi logistici dobbiamo raggiungere il villaggio di Filettino, bel paese di montagna disposto a ferro di cavallo su fianchi di monti che si fan sempre più alti e più aspri.

Quinto Giorno, quarto di cammino

Gli alti monti sono la meta della tappa successiva. Anche qui si formano due gruppi: uno segue un percorso più semplice sino alla cresta principale e poi ritorna indietro, al Passo di Serra Sant’Antonio, per spostare le vetture sino a Meta. L’altro gruppo si inerpica invece lungo il crinale panoramico e divisorio sia delle regioni di Lazio e Abruzzo, sia delle valli dell’Aniene e del Liri per arrivare sulla cima più elevata del Càntari, il Monte Viglio 2156 m. Il raggiungimento di questa cima comporta alcuni passaggi rocciosi ed esposti, ma è soprattutto la lunga discesa a richiedere attenzione per il terreno ripido e sdrucciolevole; l’ambiente è grandioso.
La discesa termina nella piazza di Meta, dove si ricongiungono i due gruppi e dove si affollano i tavolini del bar con bicchieri e bottiglie di birra in notevole quantità. Dobbiamo percorrere ancora alcuni chilometri per raggiungere la località di Morino: percorso breve ma piuttosto audace per le stradine strettissime che mettono a dura prova i guidatori.

Sesto Giorno, quinto di cammino

Per la quinta tappa raggiungiamo il borgo di Civita d’Antino, che abbandoniamo per salire un tratto erto e disagevole e, in parte, in mezzo alla macchia che spesso cela il sentiero e punzecchia con le ginestre. Fortunatamente, quando prendiamo quota, la macchia si tramuta in bosco che ci protegge dalla calura. Il bosco poi dirada e lascia spazio ad ampi prati. Raggiungiamo la cresta e lì i panorami si aprono a dismisura su questi monti marsicani. Il percorso si fa agevole lungo una sterrata, che abbandoniamo per salire ad un bel panettone che attrae buona parte del gruppo. Ne raggiungiamo la sommità a 1800 metri; oltre si discende alla sterrata che avevamo lasciato poc’anzi. In un anfratto ombroso sostiamo per lo spuntino i cui punti forza sono il set di grappe di Giorgio e il caffè fatto in una moka da 12, curato amorevolmente da Frediano. Rimane poi una bella sgambata, prevalentemente in discesa. Raggiunta la strada di fondovalle a Collelongo, in breve arriviamo al posto tappa: il confortevole Ostello del Parco Nazionale d’Abruzzo.

Settimo Giorno, sesto di cammino

La tappa del giorno seguente è caratterizza da un percorso analogo tra salita e discesa. La salita inizia nei pressi di una chiesetta, la Madonna della Lanna. Ci si inoltra in una valle della quale ne seguiamo il fondo. Saliamo in bellissime faggete accompagnati dai bramiti dei cervi in amore, che echeggiano un po’ ovunque in queste vaste foreste. Usciti dal bosco risaliamo una radura fino al Passo di Schiena d’Asino 1709 metri, nei cui pressi sostiamo. Prima di intraprendere la discesa c’è il tempo di risalire una cresta sino a giungere ad un punto estremamente panoramico.
La discesa, come già accennato, è la fotocopia della salita. Si scende un vallone stando talvolta nell’impluvio o poco alti su di esso e sempre in belle faggete. Allo sbocco del vallone ci sono le prime abitazioni di Pescasseroli e, poco oltre, arriviamo all'Hotel Bucaneve dove ci sistemiamo e dove passeremo due notti. Visto che il tempo non manca, diversi di noi raggiungono il centro di questo paese posto nel cuore del Parco Nazionale d’Abruzzo. Ci si sparpaglia: c’è chi acquista souvenir, chi fa un po’ di spesa, chi si fa l’aperitivo.

Ottavo Giorno, settimo di cammino e visite

L’ultimo giorno di trekking è articolato in due istanze: nella prima c’è la visita al museo del lupo di Civitella Alfedena; adiacente c’è una vasta area cintata dove vivono alcuni lupi, che si possono vedere, anche se lontani. Tornati a Pescasseroli ci dirigiamo al Centro Visite, dove vivono alcune specie di animali presenti nel Parco, in particolare tre orsi, cervi, daini, istrici. Dopo il classico spuntino di metà giornata, facciamo l’ultima escursione, che consiste nel risalire una valle e raggiungere il punto in cui è sita una prima scultura integrata nella natura.
Con un percorso ad anello via via troviamo altre sculture di diversi artisti e di vario genere.
Sono ammirevoli l’originalità e la bellezza, di altre cerchiamo di capirne il significato…

Assolutamente straordinaria è la foresta di piante secolari, prevalentemente faggi: è un termine trekking che si rivela con effetti speciali, una degna conclusione di un bellissimo cammino degno di essere percorso.

Epilogo

L’ultimo giorno è dedicato al ritorno. I due gruppi si separano ad Incisa Valdarno, là dove ci eravamo congiunti.

C’è il tempo per un pranzo di fine trekking.

Si chiude un capitolo in attesa di aprirne un altro … chissà dove.

Intanto, per concludere, sintetizziamo il trekking con una canzoncina composta da Paola sulle arie del Ponte di Bassano, eccola qui:

Sui Monti Simbruini

Sui Monti Simbruini
seguiamo i sentierini.
Ci sono i cavallini e
anche cinque cagnolini;
cantano gli uccellini.
Coi bramiti dei cervi
traversiamo luoghi impervi.

Sui Monti Simbruini
noi mangerem panini.
E coi salamini berremo buoni vini.
Insieme al buon vino
anche l’arrosticino,
qualche pomodorino
e poi un buon caffè.
Dopo una tazzina
arriva la grappina,
che ci fa da benzina
per camminare ben
per camminare ben
per camminare ben.

Poi ci darem la mano
con l’orso marsicano.
Tra prati e tra dirupi
saluterem i lupi.

Cantando a gran voce
il passo va veloce.
Lassù sui Simbruini.
Nel cuor degli Appennini.
En

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