Comunicazione          8a

BIOLOGIA

All'interno della specie

 

La socialità del lupo non potrebbe essere espressa senza la capacità di una complessa trasmissione di informazioni tra i vari individui, necessaria per tutte le attività che rientrano nel normale ciclo biologico della specie sia all’interno del branco come l’allevamento dei piccoli o la coesione del gruppo durante la caccia, sia con altri conspecifici “estranei”, per manifestare la difesa del territorio o la ricerca di un compagno.

Possiamo ricondurre la comunicazione dei lupi a tre tipologie: visiva, olfattiva e odorosa.
Fra i segnali di tipo visivo, che riconosciamo facilmente anche nei cani, ci sono ad esempio la posizione della coda e delle orecchie, o la postura del corpo nel suo insieme: essi riguardano in genere i rapporti di dominanza e le emozioni.

I segnali odorosi sono legati invece alla produzione di molecole chimiche da parte di ghiandole specifiche.
Ne è un esempio il secreto delle ghiandole perianali, deposto insieme alle feci, che contiene informazioni sull’individuo che lo ha prodotto, come il sesso, lo status sociale o lo stato riproduttivo.
Infine la comunicazione avviene anche tramite segnali acustici, di cui il più noto è l’ululato, ma sono presenti anche guaiti, uggiolii, abbai. Gli ululati in particolare possono raggiungere distanze di parecchie centinaia di metri, e possono avere più significati, come il ricongiungimento dei vari membri di un branco, la sua posizione e consistenza, la difesa del territorio.

 

 
 

STORIA

Cattivo per cultura

A partire dall'Alto Medioevo, col crescere dell'importanza della pastorizia nell’economia rurale, si diffuse in Europa una visione negativa del lupo, potenziale predatore delle greggi.
Il lupo, in contrapposizione all’agnello, simbolo del Cristo, venne identificato con il male e con il diavolo. In molti racconti popolari il lupo è la figura che fa da contraltare all’eroe e spesso i personaggi negativi ne hanno le sembianze.
Si diffuse così anche la leggenda dei lupi mannari, uomini che si trasformavano in esseri metà uomini e metà lupi, cannibali e portatori di una sessualità perversa, come la Bestia del Gevauden che secondo le fonti storiche uccise centinaia di persone in Francia nel XVIII secolo.
Per debellare queste figure mostruose, forse riconducibili a persone con malattie particolari o vere e proprie perversioni, migliaia di lupi furono uccisi scambiati per tali bestie fantastiche insieme a uomini vittime di vere e proprie persecuzioni simili alla caccia alle streghe.
In celebri racconti, come nella favola di Cappuccetto Rosso, cristallizzata nella letteratura da autori famosi quali Perrault, Fratelli Grimm e persino Collodi, il lupo cattivo diventa lo spauracchio dei bambini disobbedienti fino all’allegoria del predatore sessuale.

A testimonianza della pessima reputazione del lupo nella cultura del nostro Paese
e delle credenze radicate nella popolazione, rimangono le copertine della rivista “La Domenica del Corriere” dei primi del ‘900, che ritraevano tra l’altro improbabili assalti all’uomo da parte di orde di lupi famelici.
Ancora adesso, spesso si continua a raccontare la favola del lupo cattivo e chi ne alimenta ad arte la paura anche per ottenerne del consenso tra la popolazione, per diversi fini.

 
 

CURIOSITA'

Il ruolo dei media

 

Anche se la corretta informazione scientifica sarebbe accessibile al pubblico, spesso le informazioni riportate dai media sono distorte per diversi fini, diventando poco aderenti alla realtà.
Sembra che le notizie, più che a fornire informazioni su cosa succeda realmente, siano utilizzate per suscitare forti emozioni e rinforzare posizioni ideologiche sia a favore che contro il lupo.
Anche i termini stessi che vengono utilizzati in articoli, blog, petizioni influenzano la percezione dell’opinione pubblica:

il lupo fa “paura”, ė “assassino”, compie "stragi" anche se preda un capriolo, com'è sua natura, da una parte, o ė “vittima da salvare” dall’altra.
Oppure i progetti di monitoraggio di popolazioni già presenti diventano, negli articoli di giornale, progetti di “ripopolamento”, suggerendo falsamente che gli esemplari vengano attivamente reimmessi in natura.
Il rischio ė quello di infiammare il dibattito senza una base scientifica e razionale, nonché di creare nella società delle convinzioni errate che poi sono dure a morire.

 

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